Giovedì 2 Febbraio, ore 05:30
Devo essere sincero con i miei intimi lettori, l’argomento di tale articolo in realtà non avrebbe dovuto essere questo, il tema era un altro, la vicenda che lo accompagnava un’altra ancora, ma non temete non ve ne ho privati, lo pubblicherò presto.
Ma questa mattina dopo essermi svegliato ed essermi preparato ad una nuova emozionante giornata di lavoro per Garoom, nello svolgere ritualisticamente le mie mansioni quotidiane pre-scrivania, mi sono accorto dell’immensità del genio italico.
Il ghigno di soddisfazione misto a compiacimento sul mio volto era simile all’espressione di Tim Curry nel film “Mammo ho riperso l’aereo, mi sono smarrito a New York”, scena epica nella quale l’attore interpreta il receptionist dell’hotel e scopre che la carta di credito di Kevin è rubata, solo che io non sono Tim Curry.
Ma veniamo al punto, oggi ed ancora oggi, l’oggetto per eccellenza che ha segnato la storia del design italiano di altissimo livello è gelosamente custodito presso il Triennale Design Museum di Milano, al MoMA di New York e finanche nei pensili della mia cucina. La mia macchina del caffè si è rotta, ho riscoperto la Moka.
Breve storia ed etimologia della Moka
E allora visto che adoro interessarmi di gusto, cultura e tradizione oggi vi racconterò qualcosa sulla Moka, partendo come sono solito fare dall’etimologia e dalla sua storia. Ci troviamo in Italia nel 1933, Alfonso Bialetti il papà della Moka la battezzò così sottraendo un H al nome della città di Mokhā nello Yemen, città portuale di grandissima importanza dalla quale partivano le navi cariche di chicchi di caffè per l’occidente, questo paese è sempre stato anche una delle zone più importanti al mondo per la produzione di caffè di qualità arabica. A scoprire il caffè nello Yemen ci pensarono, gli olandesi, a cui tanto piaceva e piace andar per mare, con le stive delle navi cariche di ogni qual si voglia tipologia di mercanzie.
Gli elementi che compongono la Moka
Gli elementi che compongono la Moka Bialetti sono cinque di cui quattro in acciaio o alluminio. Partendo dal basso e proseguendo verso l’alto troviamo prima di tutto la caldaia nella quale vi è una piccola valvola di sicurezza che previene un aumentare eccessivo della pressione. Subito dopo la caldaia troviamo il filtro ad imbuto, il quale si alloggia nella caldaia e contiene la polvere di caffè, dopo una guarnizione in gomma ed a questo punto della risalita troviamo la piastrina filtro ed infine il bricco, cioè la parte superiore con coperchio vincolato, pomello e manico in bachelite.
A proposito della Moka
Oggi la Moka del Signor Bialetti mi ha raddrizzato la giornata, anche perché la macchina del caffè si è rotta, ma per fortuna ho riscoperto la Moka, che poi in tutta onestà vi dirò, strizza particolarmente l’occhio al mondo della sostenibilità, ed ancora i manifesti non li ho visti esporre.
È anche uno strumento particolarmente e piacevolmente ipnotico, mi riferisco alla risalita del caffè, il momento magico in cui quel piacevole e sinfonico borbottio sprigiona un aroma che avvolge la casa, che ci fa sentire bene, che ci dona il buon umore mattutino e che fa riaffiorare ricordi d’infanzia, ma ora devo proprio cominciare a dedicarmi al lavoro, quindi mi verso un’altra ottima tazza di caffè dalla mia Moka e mi metto all’opera.
Il giorno in cui Alfonso Bialetti inventò la Moka
Signor Bialetti, cosa potrei dirle, ammetto che dentro di me sono emozionato, sto immaginando il giorno in cui Lei inventò la Moka, sappiamo di certo che era a casa e che si ispirò all’idea della Moka guardando sua Moglie lavare i panni con quella che all’epoca era l’antenata della lavatrice, io però quel giorno la immagino intento a lavorare ad altri mille progetti, la Moka non era neanche tra i suoi pensieri.
Eppure, quel giorno, aveva bisogno di un caffè per continuare a programmare i suoi impegni, non voleva disturbare sua Moglie già presa da altre faccende di casa ed è stato in quel preciso istante che avrà chiesto a sé stesso come potesse migliorare quel gesto, come potesse rendere il caffè innovativo tanto quanto la lavatrice, in quell’attimo avrei voluto vedere la sua espressione nel momento in cui apparve nei suoi pensieri la prima Moka.
La nostra storia non termina qui, c’è una seconda parte tutta da leggere ma che per ragioni di tempistiche ed altre motivazioni troverete più avanti, quindi nell’attesa mettete su qualche caffè.