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Tempo di lettura: 6 minuti

Recensioni: premessa.

Siamo ben lontani dal 2006 anno in cui sbarcò in Italia TripAdvisor, che diede la possibilità di classificare in primis le strutture e successivamente le attività di ristorazione. Da lì in avanti fu una vertiginosa discesa, il mondo della recensione esplose letteralmente in ogni ambito, vi invito però a restare concentrati sulla ristorazione.

Voglio precisare che sono fortemente contrario alle recensioni generaliste ed operate da persone qualsiasi su attività qualsiasi, sono favorevole invece a recensioni operate da professionisti su attività di alto livello che oltre a proporre un menù propongono un tema, un movimento culturale, un viaggio dei sensi che va oltre la mera consumazione di un pasto per quanto esso possa essere buono e ben cucinato.

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A cosa servono le recensioni nella ristorazione commerciale?

Non mi è mai passato per la testa di dare recensioni dopo una cena fuori con gli amici o dopo un pranzo fuori con parenti, anzi io non do proprio recensioni. Chi conosce il mondo della ristorazione ed il lavoro che c’è dietro non dovrebbe permettere questi atti di bullismo mediatico o informatico commessi senza coscienza e senza ragione.

Esempio: mi trovo in una città a me nuova, decido di consumare un pasto e scelgo un’attività commerciale ristorativa generica, nella mia mente il primo pensiero non sarà rivolto al “dove” ma al “cosa”. Decido di mangiare una pizza, in quel momento non è detto che ci sia una pizzeria nelle immediate vicinanze, per cui se dovessi aver fame e poco tempo per consumare un pasto il mio raggio d’azione e di selezione sarebbe molto ridotto.

Quesito: il fatto di avere ridotto le mie possibilità per fattori di tempo ed offerta mi indispongono?

Questa domanda trova una risposta positiva nella società del tutto e subito, dove si tende a pretendere il massimo nel minor tempo possibile. Questa abitudine è tossica, sembra essere ormai irreversibile, non si apprezza più l’attesa e probabilmente perché non vi è più un contenuto per poter riempire l’attesa stessa.

Il pasto frugale, il pranzo di lavoro, la merenda o la cena in sosta prima di riprendere il viaggio sono sempre esistite e da che mondo e mondo nessuno si è mai soffermato su valutazioni approfondite a riguardo.

Oggi si valuta tutto: l’ambiente, l’illuminazione, il grado di pulizia, quanto sono spaziosi i bagni, la distanza tra i tavoli, la comodità delle sedute, la simpatia del personale ecc…

Si è perso il senso del convivio e della sua arte. Consumiamo pasti inappropriati, quantità barbariche a prezzo fisso e ci lamentiamo dell’eccessivo costo della vita, ignorando il fatto che spendiamo 15,99 € per un “poke” senza sapere cos’è (in sostanza riso, pesce e verdure) e quali sono le sue origini.

Ci siamo dimenticati di essere un paese che ogni anno esporta una quantità enorme di prodotti gastronomici eccellenti, dai valori nutritivi altrettanto eccezionali. Ci siamo resettati lasciando perdere le nostre radici gastronomico-culturali in una pozzanghera di agglomerati di proposte fast e poco food messe insieme da gente che non ha idea di cosa volesse dire cucinare o di quale importanza potesse avere un banchetto.

La cosa più assurda è che in tutto ciò noi diamo generiche recensioni a destra e a manca senza avere coscienza di cosa stiamo facendo. Chi può dire che presso “Trattoria da Mario” le tagliatelle alla bolognese non sono buone? Quanti invece sono davvero attenti a far sapere che queste tagliatelle alla bolognese ordinate alla “Trattoria da Mario” sono eccezionali?

Se vi fermate in un bar su una strada provinciale e magari un bar di quelli che si trovano ancora nelle zone agricole o industriali, con quale coraggio provate a darne recensioni?

Vi siete fermati per una necessità e non per altro, vi ha fatto un caffè diverso dal vostro solito caffè da 3 euro a capsula? Va benissimo così, nessuno vi autorizza a dire che quel caffè non è buono, perché state pur certi che per ogni persona a cui quel caffè non va bene ce ne sono altre mille per cui quel caffè va benissimo.

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Recensioni acrobatiche & business review.

Leggo recensioni ridicole di persone che si soffermano a valutare l’acidità del pomodoro usato per condire il sugo di un piatto di pasta, le stesse persone che vanno a cena fuori in un ristorante gourmet e che tra una portata e l’altra sentono la necessità di andare a fumare ignorando l’alterazione dei sapori.

Poi ci sono i “top player” quelli che lasciano recensioni a raffica, lasciano recensioni per qualsiasi cosa, anche se entrano a comprare un pacchetto di gomme da masticare. I sistemi incoraggiano queste situazioni e queste persone dispensando medaglie virtuali, bandierine colorate e alti gradi di affidabilità.

Esistono addirittura corsi per imparare a fare le recensioni, Salvatore Aranzulla docet.

E poi ci sono recensioni vendute, comprate, scritte appositamente per far bene o male, scritte in preapertura per cominciare con il botto, un mercato immenso fatto di parole, stelline, pollici in su e in giù in cui perdersi e venirne fuori più confusi di prima. Tutto per i numeri, numeri falsati che devono giustificare le gestioni approssimate, che devono sostenere produttività fittizie fatte da numeri truccati, da illusionisti in giacca e cravatta che per avvalorare il loro lavoro hanno bisogno di voli pindarici matematici misti ad una buona fetta di consensi fantastici (e dove trovarli).

Ma chi dà realmente forza a tutte queste recensioni?

La risposta potrebbe stupirvi, ma la forza che sostiene tutta questa follia è data dalle aziende stesse, che oltre ad accettare questo meccanismo assurdo dedicano tempo, soldi e risorse umane per rispondere ad ogni recensione, ringraziando tutti e scusandosi con chi ha lasciato loro una recensione totalmente negativa.

Esempio: “Gentile ospite, la ringraziamo per la sua recensione. Siamo davvero dispiaciuti che nulla di quello che offriamo sia stato di suo gradimento. La nostra attività si impegna ogni giorno affinché tutti i nostri ospiti ottengano sempre il meglio dal nostro operato…”

La fiera internazionale della banalità, nella speranza che tutti leggano questa risposta ricamata da una serie di buoni propositi copiati ed incollati decine e decine di volte, dimenticandosi o facendo finta di non sapere che in Italia il settore commerciale del libro è in calo e che oltre il 60% delle persone non legge.

2023 – Recensioni: opportunità o minacce? Luca new generation Casa Vissani

Considerazioni finali: recensire recensioni sarà il prossimo passo?

“Anche chi scrive va giudicato” dice Luca Vissani ad Alessandra Meldolesi di Reporter Gourmet, una tematica scottante come la punta di uno spiedo incandescente.

La vena del mio articolo è profondamente polemica, lo ammetto, ma come si può non esserlo di fronte a tanta pazzia?

Sono in parte d’accordo con il Signor Luca Vissani quando dice che bisognerebbe poter recensire chi recensisce compreso il cliente della domenica, gettare però ulteriori recensioni sulle recensioni non alimenterebbe ulteriormente questo enorme incendio?

Come si fa a prendere sul serio un sistema di recensioni fatto di guerre all’ultimo click? Come è possibile sentirsi in grado di dare giudizi pubblicamente, giudizi che possono fare molto male ad una piccola o media attività di ristorazione? Oggi si va oltre, grazie a Google Review si possono lasciare recensioni su ogni attività, poste, banche, uffici, cinema, studi medici, ecc…

Il Marketing ci invita a prende le recensioni molto seriamente per otto motivi, aumento delle vendite, feedback del cliente, aumento del ranking online, consolidamento del rapporto con il cliente regolare, creazione di una comunità di consumatori, gli stessi consumatori che poi farebbero marketing per la stessa attività. Le recensioni si hanno anche senza essere consapevoli di averle, le recensioni portano altre recensioni, tutto ciò è asfissiante.

Di tutti questi elementi ce ne sono alcuni che dovrebbero farci riflettere e cioè aumento del ranking online, recensioni che generano altre recensioni e si hanno anche senza esserne consapevoli di avercele, sostanzialmente un loop dal quale non è possibile uscire e dal quale nessuno è entrato volontariamente, un po’ come quando ti trovi nel mezzo di un pogo ad un concerto.

C’è un’alternativa a tutto questo?

Fuori dai confini italiani molte aziende stanno creando applicazioni legate ai propri clienti, dove lasciare feedback interni lasciando che ogni persona realizzi la propria esperienza senza basarsi su altrui esperienze, approfittare di promozioni e restare sempre aggiornati su tutte le novità.

Centralizzare il rapporto con i propri clienti è fondamentale, non bastano più cartelloni e pubblicità con frasi sdolcinate che rendono ridicolo un marketing al quale non crede più nessuno, le tessere fedeltà sono superate e con l’innalzamento dei prezzi le famiglie ed i singoli non sono più disposti a scendere a compromessi, si spende meno o si spende dove costa meno, si premiano altre consumazioni come le cene in casa, e la cena fuori diventa un lusso sempre meno abbordabile.

Una guerra silenziosa, un business senza pietà con un unico obiettivo in comune spostare l’attenzione su stelline e voti e lasciare sempre meno spazio all’esperienza reale e al pensiero critico, ammesso che ve ne sia uno valido.

Davide Caliandro

F&B Manager e Ricercatore Gastronomico

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